La leucemia linfatica cronica è una malattia altamente eterogenea, non solo dal punto di vista dei sintomi e dell’andamento della malattia, ma anche per quanto riguarda le caratteristiche biologiche. (1)
Non esiste, infatti, una singola mutazione genetica responsabile della malattia, (1) ma al momento sappiamo che alcune caratteristiche biologiche giocano un ruolo sull’andamento della malattia. La presenza di tali fattori, quindi, permette di identificare le forme di malattia più aggressiva o che risponde meno ai trattamenti. (2) I principali fattori prognostici biologici negativi comprendono: (2)
Nella maggior parte dei casi la leucemia linfatica cronica viene diagnosticata allo stadio iniziale, quando è ancora asintomatica. (1)
Solitamente la malattia ha un decorso lento, e il paziente può quindi non presentare alcun sintomo per molto tempo. (2)
Gli studi hanno dimostrato che somministrare farmaci in questa fase non porta ad alcun miglioramento per il paziente, e che le cure sono quindi prive di utilità. (3)
I medici scelgono quindi di attuare un approccio di “osservazione attenta”, conosciuto con il termine “Watch and Wait” (letteralmente “osserva e aspetta”): il paziente viene sottoposto a controlli periodici per monitorare da vicino l’andamento della malattia. (2)
Se in seguito a un controllo si dovessero evidenziare segni di progressione della patologia, come anemia (cioè una carenza di globuli rossi), piastrinopenia (cioè una carenza di piastrine) o ingrossamento di linfonodi o della milza, il medico può valutare di avviare una terapia farmacologica. (1)
La leucemia linfatica cronica non è considerata una malattia ereditaria, cioè non viene trasmessa dai genitori ai figli. (1)
È importante ricordare, tuttavia, che la familiarità per questa patologia (ossia la presenza di uno o più familiari affetti da leucemia linfatica cronica) rappresenta un fattore di rischio, cioè è un elemento in grado di aumentare la probabilità di sviluppare la patologia. (2)
È stato osservato, infatti, che i familiari di primo grado di pazienti con leucemia linfatica cronica presentano un rischio 2-4 volte maggiore di sviluppare la malattia rispetto alla popolazione generale. (2)
Seppure le cause della leucemia linfatica cronica non siano ancora state chiarite,(1) sappiamo che, come nelle altre forme di tumore, la malattia compare in seguito allo sviluppo di mutazioni nei geni che regolano la crescita e la proliferazionedelle cellule.(2)
In particolare, nel caso della leucemia linfatica cronica queste mutazioni compaiono nel DNA delle cellule che producono gli elementi del sangue, con la conseguente formazione di linfociti non funzionanti, caratterizzati da una proliferazione incontrollata che porta al loro accumulo nel sangue e in specifici organi. (1)
Tra i pazienti con leucemia linfatica cronica sono state individuate alcune alterazioni cromosomiche ricorrenti, tra cui: (3)
La causa responsabile della comparsa di queste mutazioni genetiche nella maggioranza dei casi è sconosciuta e si pensa insorgano casualmente nel corso della vita dei pazienti. (2)
Accanto alle mutazioni, i fattori di rischio conosciuti per la leucemia linfatica cronica sono pochi e comprendono: (4)
La leucemia linfatica cronica origina da un unico linfocita B che acquisisce la capacità di dividersi in modo non controllato e di sopravvivere più a lungo. (1)
Questo porta a un progressivo accumulo dei linfociti B, soprattutto a carico del midollo osseo, linfonodi, fegato e milza, con conseguente ingrossamento di tali organi (linfoadenomegalia, epatomegalia, splenomegalia). (1)
Nel midollo osseo, la massiccia presenza di linfociti neoplastici (cioè con caratteristiche tumorali) può ostacolare la produzione di nuove cellule del sangue, tra cui: (2)
Quando la produzione di queste cellule risulta ridotta, il paziente può presentare anemia, maggiore suscettibilità alle infezioni e un aumentato rischio di emorragie. (3)
Inoltre, l’organismo può avere difficoltà a produrre anticorpi. (3)
I fattori di rischio sono “caratteristiche” o “elementi” che aumentano la probabilità di sviluppare una malattia, tra cui un tumore. (1)
Forme tumorali differenti sono correlate a fattori di rischio differenti. (1)
Alcuni fattori di rischio, come la dieta o il fumo, possono essere modificati, mentre su altri fattori di rischio, come l’età o la familiarità, non è possibile intervenire. (1)
La presenza di fattori di rischio per un tumore, tuttavia, non significa che si svilupperà la malattia.
Sono pochi i fattori di rischio noti della leucemia linfatica cronica e questi includono l’età, la familiarità, l’esposizione ad alcuni agenti chimici, il genere e l’etnia.
Dieta, fumo o infezioni invece non sembrano correlati a un aumento del rischio di sviluppare la malattia. (1)
La differenza tra leucemia acuta e cronica dipende dalle caratteristiche delle cellule «alterate», e in particolare dal loro grado di maturità. (1)
Nelle forme di leucemia cronica, le cellule tumorali sono quasi completamente mature e hanno caratteristiche simili alle cellule sane, rispetto alle quali però vivono più a lungo e hanno una capacità inferiore di combattere le infezioni. Queste forme di leucemia solitamente hanno un andamento lento che spesso non richiede alcun trattamento per molto tempo e la maggioranza dei pazienti convive a lungo con la malattia. (1)
Nelle forme di leucemia acuta, invece, le cellule midollari sono altamente immature e simili alle cellule staminali. Tali cellule quindi non sono differenziate e continuano a riprodursi. (2) Nella leucemia acuta, la progressione della malattia è rapida e aggressiva e solitamente richiede un trattamento immediato. (2)