È indiscutibile, scoprire che si ha una leucemia linfatica cronica è una cattiva notizia. Ma cos’è una cattiva notizia in medicina?
È qualcosa che cambia in modo negativo le nostre prospettive. Ciò che si dava per scontato non lo è più. È come se si fosse spezzato qualcosa: c’è un prima e un dopo. Un prima che ci sembrava certo, definito, sicuro e un dopo che invece appare incerto, confuso, pericoloso.
La cattiva notizia rende difficile pensare a quel futuro che ci appariva, poco prima, assolutamente scontato. È come se fosse scomparso, ma è lì davanti a noi, seppure vago e nebbioso.
Si viene colpiti infatti dalla parola leucemia, legata all’idea di una malattia estremamente grave e addirittura mortale, e non si sa che questa specifica forma di malattia nella maggior parte dei casi ha un andamento lento e può rimanere a lungo senza sintomi e senza necessità di assumere una terapia.
È dunque normale sentirsi increduli, sconcertati, disorientati, intimoriti, anche perché quasi sempre viene scoperta accidentalmente, in un momento in cui ci si sente bene e non si hanno sintomi particolari. (1)
Così come è normale provare delusione e rabbia: in fondo, perché ci sta accadendo tutto questo? Cosa abbiamo fatto per meritarcelo? E infatti, un’altra possibile emozione che si può vivere, è il senso di colpa. A volte ci viene da pensare che ciò che sta accadendo dipenda da noi, solo da noi. (1) Che sia una specie di punizione, ma ovviamente non è così.
In ogni caso, sono tutte emozioni normali di fronte a una cattiva notizia: emozioni che devono essere però riconosciute, verbalizzate, «digerite» perché in questo modo si riconosce a se stessi la possibilità di delineare il futuro e di riannodare il prima con il dopo.
Conoscere la leucemia linfatica cronica, andare cioè a scoprire cosa significano esattamente queste tre parole, può aiutarci a gestire al meglio il nostro compagno di viaggio. (1)
È però importante scegliere qualcuno che ci possa guidare, qualcuno che ci conosca personalmente, che sappia cioè quali sono le nostre caratteristiche ma anche i nostri bisogni. Rivolgersi al medico di riferimento, dunque, con cui sviluppare un rapporto continuativo, di fiducia. (1)
Il medico è la persona a cui rivolgersi per porre domande, esprimere dubbi, a cui affidarsi per essere consigliati e orientati. (1)
Ma perché non cercare anche indicazioni, raccogliere esperienze, ascoltare le storie di chi ha già intrapreso il nostro stesso percorso? (1)
Le associazioni di pazienti sono una fonte di informazioni sui Centri di cura, sulle procedure di sostegno che è possibile attivare, sono un luogo in cui incontrare persone in grado di parlarci, ma anche di ascoltare e capire. (1)
Ognuno di noi ha un suo modo di affrontare le esperienze della vita. C’è chi è abituato a condividerle, a parlarne con familiari e amici e c’è chi invece preferisce tenersi per sé i propri pensieri ed emozioni. Dipende dal proprio carattere e dal modo con cui si è stati educati.
È però importante sapere che familiari e amici possono essere, specie di fronte ad alcuni eventi di vita negativi, una importante rete protettiva, un po’ come quella che gli equilibristi hanno sotto la loro fune. (1)
Molte ricerche hanno dimostrato infatti che chi ha reti sociali ampie e le utilizza in situazioni traumatiche e di stress ha minori rischi di cadere in depressione, di vivere ansia e riesce a rafforzare la propria resilienza.
Per questo, quando arriva, spesso improvvisa e inaspettata, una diagnosi come quella di leucemia linfatica cronica è opportuno attivare la propria rete di protezione, raccontare ciò che ci sta accadendo, condividere le preoccupazioni, le emozioni, sforzarci di usare il supporto che gli altri possono offrirci. (1)
E se non bastasse?
Allora cerchiamo il confronto con altre persone con la nostra stessa malattia, consultiamo uno psicologo, frequentiamo le attività organizzate dalle associazioni pazienti. (1) Costruiamo cioè la nostra rete, usiamo le risorse che il territorio offre: tutto questo non è segno di fragilità ma di forza. È più facile vincere insieme.